lunedì 26 marzo 2007

Quel brutto che piace

Sabato sera sono andata al concerto di Neffa.
Non mi aspettavo che fosse così bravo e divertente, né tanto meno di conoscere così tante sue canzoni.
Invece il mio giudizio su di lui, il concerto e le canzoni è stato davvero positivo.
Ad un concerto poi si sempre è nel giusto mood per ascoltare bene i testi ed apprezzarli, ed alla fine rifletti sul fatto che questi cantautori un po’ tormentati scrivono delle cose bellissime.
Diciamocelo pure: i testi di Capossela, di Neffa, di Cammariere, tutti certo non proprio degli adoni, sono degli inni all’amore, al sentimento, anche al dolore che una storia finita provoca, come lo erano quelli di Battisti o dei Beatles.
Questi uomini, innamorati dell’amore, votati al sacrificio per la donna attorno alla quale fanno ruotare la loro arte, sono fichissimi, perché risorgono dalle loro ceneri come la Fenicie e dedicano alla “strega” che li ha lasciati rabbia, eterno amore, dolcezza, cattiveria, tutto nel tempo di una canzone.
A chi non piacerebbe essere la loro musa?
Ma per esserlo in linea di massima ci devi stare assieme, ed allora qui si pone un problema.
Queste persone,è matematico, non sono mai degli strafichi nel senso canonico del termine! O per lo meno, non lo sono fuori…sono belli dentro!
Ed è naturale! Uno strafico fuori non avrebbe la sufficiente sensibilità per pensarle queste cose, figuriamo per metterle in poesia!
Ecco qui allora un fenomeno sociale: il brutto che piace!
Ma perché piace? Perché comunque è un personaggio pubblico e la gente lo riconosce in strada? Perché è un eventuale trampolino di lancio verso chissà quale meta?
No, piace perché il Neffa o il Capossela di turno è un unique!

Non esistono più uomini che riescano ad esternare con tanta poesia e passione quello che provano; che riescano a mettere in riga parole che diventano melodia anche senza musica; che riescano a dichiarare con innocente pudore anche la più istintiva furia sessuale.
Sono finiti i tempi di Pessoa!
Oggi gli uomini, quelli comuni, quelli tutti concentrati sul look da acchiappo, quelli che hanno la palestra come loro musa, quelli che puntano ad essere LO strafico, come si esprimono?
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Se ti va bene e se ti piace il calcio hai un canale preferenziale per incanalarti verso una laddish conversation, altrimenti, se ti accontenti di poco, non occorre lasciare che parlino!
Che tristezza!!!!!!!!!!
Insomma, donne, è una questione di scelta: vogliamo il belloccio bamboccio che le altre donne ci invidiano (ma non diamoci peso) perchè si limitano all'aspetto fisico o puntiamo a quel poeta che ci tolga il respiro (e allora in questo caso occhio alle donne invidiose)?

Impenniamo le nostre aspettative; decidiamo di meritare il meglio!
Nell’attesa della scelta vi lascio due righe di Prévert.
Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte.
Il primo per vederti tutto il viso,
il secondo per vederti gli occhi,
l’ultimo per vedere la tua bocca.
E tutto il buio per ricordarmi queste cose mentre ti stringo fra le braccia.
 
posted by La G. di Gatta at 09:45, | 3 comments
sabato 24 marzo 2007

Quanto erano belli quei lenti...

Ieri sera, tornando a casa da una serata dancing anni ’70 niente male, facendo zapping alla radio ho beccato il medley de “Il tempo delle Mele 1 e 2”.
Inutile dire che la mente è volata fantasticamente agli anni ormai da troppo tempo trascorsi.
Forse i miei sono ricordi da adolescente mai cresciuta, dunque oggi un po’ retrò, ma se torno indietro con la memoria a quei momenti ormai lontani sento ancora le emozioni legate alle prime cotte, all’incontenibile batticuore per un amore magari anche a senso unico, o al vedere il proprio corpo cambiare.

Mi è venuto da pensare quanto appassionante fosse essere invitata per un lento, soprattutto se era quel LUI, quello che sconvolgeva gli innocenti (?) pensieri da ragazzina, a farlo.
I famigerati lenti, quelli in cui chissà cosa poteva succedere, quelli che ti portavano a vivere dei momenti indimenticabili, eterni nella durata dei pochi minuti della canzone, quelli che ti facevano volare con la fantasia verso chissà quale nobile e toccante storia di soli sentimenti, in cui il sesso era un tabù o un premio che incoronava una devozione più che una relazione tra due sbarbatelli, quelli in cui istauravi un contatto fisico che i tempi e gli anni di oggi non prevedono più.
Ed è un vero peccato.
Oggi è tutto più immediato, troppo diretto.
Si bruciano le tappe, si cresce troppo in fretta. Ci si atteggia a donne aggressive quando si hanno malapena 16 anni. A 19 si è già sfatte dal tempo che avanza inesorabile, donne troppo vissute con una mente di bambine.
Tutto oggi ti porta all’essere trasgressivo: se non lo sei, sei out!

Dalla musica alla moda, dal taglio di capelli ai film, dagli atteggiamenti al rapporto con l’altro, soprattutto con l’altro sesso.
Non c’è più spazio, oggi, per un delicato lento. Manifestazioni sdolcinate, li giudicherebbe la classe degli adolescenti di oggi; fuori moda, li giudicherebbe la classe della fine degli anni ’70, quella stessa classe, la mia, che li aveva adorati, sentiti ed ascoltati, aspettati in gioventù.
Certo è la normale evoluzione della storia, della vita.
E allora ti accorgi che il tempo passa, le mode cambiano, tu cambi, ma sotto sotto, dentro di te, rimane sempre quell’adolescente che sei stato. E basta una canzone all’improvviso, magari in un particolare stato d’animo, a farti provare le stesse emozioni che qualche anno fa ti vibravano dentro.
E sai che c’è? Che non ti vergogni di essere nostalgico e melanconico e che ti verrebbe di gridare al mondo di fermarsi e riprendersi il proprio tempo, con le proprie fasi e le proprie età perché la trasgressione a tutti i costi, la ricerca dell’effimera felicità, l’essere per forza a passo coi tempi non è lo stravolgimento socioculturale del '68, perché oggi in fondo è la normalità la vera rivoluzione!

 
posted by La G. di Gatta at 12:19, | 1 comments

Discorso sul metodo

Qual è la necessità di decidere? Ci sono storie e situazioni ingarbugliate che sono difficili da dipanare. Quelle giornate che sembra essere al livello più difficile di The Sims. Decidere comporta la necessità di valutare condizioni, reazioni, possibilità. Comporta un rischio. E genera crisi, malumori, ripensamenti e rinunce. E allora? Mi viene in mente una metafora che ha fatto ridere chi sa dove sono nata. Quando la barca è nel mezzo della tempesta ammaina le vele e tira dentro i remi. Decide di non affrontarla, di lasciare che passi, perchè la forza dirompente del mare e del vento non si può contrastare. Come la barca, ci sono situazioni che stanno benissimo in sospeso per un po’. “Cosa vuoi da me?” è una domanda che non mi piace soprattutto se chi la fa pensa di conoscere già la risposta. E se la risposta non ci fosse? Non possiamo considerare anche questo caso? Ha anche un nome: εποχή (per noi comuni mortali al di sotto dell'Olimpo "epoché" = sospensione del giudizio). Laddove il pregiudizio conduce a trarre conclusioni o a formulare giudizi in assenza di un numero sufficiente di informazioni, la sospensione del giudizio impone di astenersi da simili atti fino al raggiungimento della necessaria quantità di informazione. Io non ho abbastanza informazioni per scegliere cosa fare da grande, né per capire se l’uomo che incontro è quello giusto con cui passare un pezzo della mia vita, né tanto meno per sapere se questa città è quella in cui stare, né se gli amici sono i migliori che potrei avere. Quali elementi ho per decidere? Come posso escludere possibilità diverse? …evitare accuratamente la fretta e il pregiudizio, e di non comprendere nel mio giudizio niente di più di quello che fosse presentato alla mia mente così chiaramente e distintamente da escludere ogni possibilità di dubbio… dice Cartesio nel Discorso sul metodo. Bene. Tutto chiaro? Mi sembra un discorso preciso e condivisibile. Un metodo che risolve tutti i dubbi con cui mi sono svegliata stamattina. Come dice Frida scrivere fa bene. Mi alzo dal computer, è una bella giornata di primavera. Ora esco. Ho una canzone in testa da qualche giorno, di quelle che vengono fuori dalla radio e si attanagliano alla mente… paura di decidere, paura di me, di tutto quello che non so, di tutto quello che non ho…
 
posted by Holly G. at 04:47, | 2 comments
venerdì 23 marzo 2007

Frasi mancanti

La storia che sto per raccontarvi ha come al solito dell’assurdo e del ridicolo, ma se così non fosse stato certo non sarebbe capitata e me.
Siete mai state le protagoniste di meravigliose attenzioni da parte di un affascinante “amico” che si trova con voi nella serata perfetta in cui tutto va per il verso giusto se non per il piccolissimo neo che in lui c’è un “di più” di troppo?

Mi spiego meglio.
Conosco da un po’ un ragazzo, una bravissima persona, intelligente e schietto, perla rara direi nel marasma dei trentenni, con cui dal primo momento istauro un piacevole rapporto di sintonia.
Da quando lo conosco so che è fidanzato, attento e fedele. Innamorato, non so, ma sicuramente premuroso nei confronti della sua compagna.
Mai un errore né una distrazione, cosa per la quale, credetemi, l’ho sempre ammirato. E non perché non gli si siano presentate delle tentazioni, anzi talvolta si è trovato davanti a pressioni un po’ troppo esplicite, ma elegantemente non le ha colte.
E quanto a me, non ho mai provato per lui null’altro se non una sincera affinità.
Ebbene qualche settimana fa organizziamo una night out e, complici numerose defezioni di amici, ci ritroviamo solamente io e lui.
Cena in un posto molto cool della metropoli, pietanze ricercate, vino corposo, dolci raffinati!

Segue passeggiata rinfrescante tra le più belle piazze della città.
Ecco che ad un tratto comincia a cader giù un’ “impunita” pioggerellina che complica tutto, che ci fa avvicinare forse un po’ troppo. E’ un attimo ma è quanto basta per canticchiare “Roma, nun fa la stupida stasera, damme na mano a famme dì de no…”. Roma questa mano proprio non voleva darmela e anzi complicava tutto col proporre alla nostra passeggiata altri punti famosi e panoramici della città.
Ma questa mano me la sono data io da sola, perché si sa, una mano lava l’altra.
Non ho smesso un attimo di saltare da palo in frasca, e credetemi, sono una smodata chiaccherina; ho evitato qualsiasi silenzio che si sa in questi casi è veloce come le faine nel creare la giusta, beh, l’erronea in questo specifico caso, atmosfera; non ho mai guardato negli occhi chi altrimenti avrebbe colto in uno sguardo una confusione che lasciava trapelare un errato qualcos’altro.

Dalla controparte, tuttavia, e fino ad un certo punto, non avevo nessun aiuto essendo disarmantemente assente la possibilità di considerare quanto accadeva un rischioso errore.
Ad un tratto la selva oscura si dirada e la diritta via non è più smarrita, finalmente tutto finisce, ognuno torna ai propri mezzi ed alle proprie case.
Ma la miccia ormai era stata accesa e così decidiamo di fare chiarezza su quanto poteva accadere ma che fortunatamente, bizzarro a dirlo, non è accaduto. Per lettera!
Però così il gioco diventa più malizioso perché è chiaro che nascondersi dietro un foglio è molto più facile soprattutto se volutamente si omettono delle frasi che ammiccano ad aspettative e risposte in merito.
E così la nostra corrispondenza è andata avanti nel “gioco della primavera”, quello delle frasi mancanti, esattamente fino al primo giorno di primavera, quando l’inatteso vento freddo del nord ha soffiato decisamente forte su un altrimenti irrimediabile errore.
“Effettivamente, pensandoci razionalmente, meglio trattenersi che rovinare un rapporto”, questa la frase che dall’ultima lettera non è più mancante! Politically correct!!!!!!

 
posted by La G. di Gatta at 12:21, | 0 comments
domenica 18 marzo 2007

Avrei voluto essere una palma

Finalmente mi sono ripresa dalla confusione nella quale annaspavo qualche giorno fa. Ho fatto chiarezza su quanto mi destabilizzava e non appena i tempi saranno maturi ne scriverò anche un bel post.
L’aver messo a posto tutto ciò che mi turbava e la bella settimana di sole mi hanno fatto essere di ottimo umore in questi giorni e ieri mentre tornavo a casa da lavoro, ferma ad un semaforo, mi sono soffermata ad osservare una palma mossa dal vento.
Oddio, ne ero come ipnotizzata e mi sono immaginata ad essere una palma, accarezzata dal vento, coccolata dalla brezza, riscaldata dal sole.
Vederla molleggiare così sinuosa nella limpidezza del cielo era ammaliante. Così come i colori della città ed il tepore di questi giorni. Sembrava di vivere una favola.
E’ stata una sensazione davvero bizzarra e fichissima.
Era frizzante percepire l’euforia dell’anticipo della primavera.
Sentire quel friccico che ti spinge ad essere più bizzarra che mai, più allegra e soprattutto più “positivamente strafottente” per tutte quelle cose che solitamente ci stressano e che in inverno ci sembrano insormontabili ed in estate più pesanti che mai, ovviamente non può che essere una sensazione meravigliosa.
Sarei rimasta là imbambolata a fissare quelle foglie che si muovevano come ali per ore, non fosse stato che avrei generato una fila pazzesca di inviperiti automobilisti che si sarebbero attaccati al clacson componendo melodie rumorose di certo non in sintonia con il mio “ondulante” essere palma.

Ma voi avete mai provato una sensazione del genere?
 
posted by La G. di Gatta at 10:14, | 0 comments
sabato 10 marzo 2007

Prendere o lasciare....in Internet

Sarà ormai di tutti la consapevolezza che il web è un mezzo di comunicazione da molti usato anche per avere nuove amicizie e 'amicizie'. Molti conoscono i siti di incontri e nessuno si turberà leggendo il blog di questo tizio sessista ormai blogger in pensione. Vi segnalo però che i veri internauti oltre a prendersi in rete si lasciano e vogliono rendere partecipi gli altri delle loro motivazioni in modo che nessuno ripeta i loro errori. Prendetevi un attimo di pausa dal lavoro (non vale la pena sprecare il tempo libero) e date un'occhiata a questo sito. Se poi non avete tempo io avrei selezionato questa storia un pò ridicola e questa.
 
posted by dot at 14:13, | 0 comments
mercoledì 7 marzo 2007

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Questa immagine si chiama "L'origine del Caos" ed esprime esattamente il mio stato d'animo di quest'oggi!
A questo aggiungo un reiterato "ma perchè mi trovo sempre nei pasticci?"
Se quacuno di voi sa come si venga fuori dalla confusione e dai "corsi e ricorsi" mi contatti.
Grazie
 
posted by La G. di Gatta at 13:24, | 5 comments
venerdì 2 marzo 2007

il più cieco amore o la più stupida pazienza?

"Non vedo più a che punto sta la netta differenza fra il più cieco amore e la più stupida pazienza" cantava nel 1980 e rotti (l'anno preciso non me lo ricordo) l'allora esordiente Anna Oxa. Questa frase mi è sempre rimasta molto impressa e oggi più che mai ci penso. E' mattina presto, sono insolitamente sveglia. Con tanti pensieri che si accavallano in testa e nello stomaco (ma perchè poi i pensieri debbono essere così fisici?). E rimugino, rimugino sull'amore e sull'ostinazione che ci creiamo pur di non perdere un amore che, forse, è gia perduto o che non è mai stato tale. Insomma come si fa a capire quando nonostante tutto, tutti i problemi, tutte le sofferenze, le difficoltà, le ferite, vale la pena di rimettersi in gioco e di riaffrontare anche tutto questo ancorauna volta affinchè al nostro sentimento, al nostro amore, sia data un'altra possibilità di essere? O quando, nonostante il ricordo bello e forte ci tenti, è bene mollare gli ormeggi e volgersi verso nuove rotte?
Come si fa? Non vi è mai capitato? Si, lo so. Ho capito quello che state dicendo. Certo: dipende. Dipende dalle situazioni, ognuna diversa, ognuna con il suo vissuto che può far pendere la bilancia verso una delle due soluzioni. Capisco che con i sentimenti non ci possono essere regole pecise. Sarebbe bello poter verificare l'amore con il teorema di, che so, Shakespeare. Me lo immagino così: l'area di un amore costruito sull'ipotenusa della sincerità è uguale all'area dell'amore costruito sui lati dell'ideale e della realtà più tanto coraggio . Altro che Pitagora! Questo si che sarebbe un teorema per risolvere i problemi della vita e non solo quelli scritti sulle pagine di libri e quaderni. Ma non esiste. Shakespeare ha dissertato sull'amore in modo molto più poetico e molto meno concreto lasciandoci bellissimi sogni e nessuna certezza.
E allora sono di nuovo da capo a dodici. In balia della mia confusione, del mio non riuscire a capire se insistere o mollare, ricominciare o smettere. E non credo che sia questione di coraggio, ci vuole coraggio anche nel troncare, nel riuscire a dire no nel momento giusto. Il problema è proprio capire, capire dove il proprio coraggio e la propria determinazione devono investire. Una cosa mi è chiara anche se in questo momento non mi aiuta a risolvere l'impasse: dovunque andrà la mia decisione ci metterò tutta me stessa. Per ora continuo a pensarci....... Vado a farmi un caffè e compro un altro gettone per il nuovo giro sulle mie personalissime montagne russe: sù e giù per finire e iniziare sempre dallo stesso punto: quando si scende?
Alice in the standbyland
 
posted by Alice at 01:45, | 3 comments